TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 
                          VI Sezione penale 
 
    Il Giudice, dott. Mario Morra, all'udienza del 27  gennaio  2022,
nel procedimento indicato in epigrafe, pendente nei confronti  di  R.
R. , nato a ..., difeso di fiducia  dall'avv.  Giovanni  Beretta,  ha
pronunciato alla  presenza  delle  parti  la  seguente  ordinanza  di
rimessione alla Corte costituzionale (art. 23, legge n. 87/1953). 
    Norma censurata: 
        art. 6 della legge 22 maggio 1975, n. 152 
          nella parte  in  cui  impone  al  Giudice  di  disporre  la
confisca delle armi e degli altri oggetti indicati dalla norma  anche
nel caso di dichiarazione di estinzione del reato per oblazione,  per
contrasto con le disposizioni di cui agli articoli 27, secondo  comma
, 42, secondo comma  ,  nonche'  11,  117,  primo  comma,  Cost.,  in
relazione agli articoli 6 CEDU, 1 Primo protocollo addizionale  CEDU,
17 e 48 CDFUE; 
          nella parte in cui prevede come  obbligatoria  la  confisca
delle armi e degli altri oggetti indicata dalla norma in relazione  a
qualsiasi  reato  «concernente  le  armi»  e  dunque  anche  per   la
contravvenzione di cui all'art. 38 regio  decreto  n.  773/1931,  per
contrasto con le disposizioni di cui agli articoli 3, 27, 42,  Cost.,
nonche' 11, 117, primo comma, Cost., in  relazione  agli  articoli  1
Primo protocollo addizionale CEDU, 17 e 49 terzo comma CDFUE. 
1. Premesso in fatto 
    Nell'ambito  del  presente  l'imputato  e'   stato   chiamato   a
rispondere della seguente contestazione: 
        reato di cui all'art. 38, regio decreto n. 773/1931  perche',
quale detentore di alcune armi, gia' regolarmente custodite presso la
propria  abitazione  sita  in  ...    ,  come   da   denuncia   armi,
aggiornata, del  ...   , presentata presso la Stazione Carabinieri di
competenza, ometteva di comunicare il trasferimento  di  dette  armi,
effettuato il   ...  , presso la propria nuova residenza, in  ...  . 
    In particolare, le armi erano le seguenti: 
        un fucile semiautomatico COSMI avente matr.    cal. 12; 
        una carabina Blaser, matr.    cal. 7 mm; 
        due fucili sovrapposti, Beretta, avente matr. ...   e Franchi
con matr. ... entrambi cal. 12; 
        un fucile abbinato a  canna  Beretta  matr. ...    e    ... ,
calibro 12; 
        due  fucili  doppietta  EN  Browning,  matr. ...   e ...    ,
entrambi calibro 12; 
        una carabina Gonella con matr.  ...  calibro 22 L.R.. 
    Alla prima udienza del 2 dicembre  2021,  la  difesa,  munita  di
procura speciale, ha avanzato richiesta di definizione  del  processo
mediante oblazione, ai sensi dell'art. 162-bis codice penale,  ed  il
Giudice, rilevando l'insussistenza di elementi ostativi di  carattere
oggettivo o soggettivo, ha determinato la somma da  corrispondere  in
euro  103  (meta'  della  sanzione  massima  prevista  dal  combinato
disposto degli articoli 38 e 17 regio  decreto  n.  773/1931),  oltre
spese di rito, rinviando all'odierna udienza. 
    Nelle more, la difesa ha documentato l'avvenuto versamento  della
somma  indicata  e  delle  spese  del  procedimento,   chiedendo   la
declaratoria di estinzione del reato e  la  restituzione  degli  otto
fucili da caccia  e  da  tiro  sportivo  in  sequestro,  evidenziando
l'assenza di precedenti dell'imputato, la sua titolarita' di porto di
fucile, il fatto che sia stato lo stesso R. a segnalare all'Autorita'
di p.s. quanto poi contestatogli. 
    All'odierna udienza, la difesa ha ribadito le proprie  richieste,
mentre il p.m., pur associandosi alla richiesta di  dichiarazione  di
estinzione del reato, ha chiesto disporsi la confisca delle  armi  in
sequestro. 
2.  La  norma  della  cui  legittimita'  si   dubita;   la   ritenuta
ammissibilita' delle questioni proposte per la non percorribilita' di
una interpretazione differente. 
    L'art. 6 della legge n. 152/1975 recita testualmente «Il disposto
del primo capoverso dell'art. 240 del  codice  penale  si  applica  a
tutti i reati  concernenti  le  armi,  ogni  altro  oggetto  atto  ad
offendere, nonche' le munizioni e gli esplosivi». 
    Il richiamato capoverso dell'art. 240 codice penale a  sua  volta
stabilisce: «E' sempre ordinata la confisca: 
        1) delle cose che costituiscono il prezzo del  reato;  1-bis)
dei beni e degli strumenti informatici  o  telematici  che  risultino
essere stati in tutto o in parte utilizzati per  la  commissione  dei
reati  di  cui  agli  articoli  615-ter,  615-quater,  615-quinquies,
617-bis, 617-ter,  617-quater,  617-quinquies,  617-sexies,  635-bis,
635-ter, 635-quater, 635-quinquies, 640-ter e  640-quinquies  nonche'
dei beni che ne costituiscono il profitto o  il  prodotto  ovvero  di
somme di denaro, beni o altre utilita' di  cui  il  colpevole  ha  la
disponibilita'  per  un  valore  corrispondente  a  tale  profitto  o
prodotto, se non e' possibile eseguire la confisca del profitto o del
prodotto diretti; 2) delle cose, la fabbricazione, l'uso,  il  porto,
la detenzione e l'alienazione delle quali costituisce reato, anche se
non e' stata pronunciata condanna». 
    Dal combinato disposto delle due norme discende la previsione  di
una ipotesi di confisca obbligatoria delle armi (degli  oggetti  atti
ad offendere, munizioni ed esplosivi), legata alla  contestazione  di
qualsiasi reato concernente le armi, che,  secondo  l'interpretazione
assolutamente   costante   della   Corte   di   legittimita',    deve
necessariamente essere adottata anche nel  caso  di  declaratoria  di
estinzione del reato per qualsiasi causa e dunque anche nel  caso  di
oblazione,  restando  la  stessa  esclusa  solo  nelle   ipotesi   di
assoluzione nel merito dell'imputato o di  appartenenza  dell'arma  a
persona estranea al reato medesimo. 
    Questo  Tribunale  dubita   della   legittimita'   costituzionale
dell'art. 6 della legge n. 152/1975 per  contrasto  rispetto  ad  una
pluralita' di disposizioni della  Carta,  come  si  specifichera'  in
seguito, sotto due distinti profili: 
        a) in ordine  alla  possibilita'  da  parte  del  Giudice  di
disporre la confisca delle armi anche in assenza di una pronuncia  di
condanna (o ad essa equiparabile) ed in particolare con una pronuncia
con la quale ci si limiti a dichiarare  l'estinzione  del  reato  per
oblazione; 
        b) in  ordine  alla  natura  obbligatoria  della  confisca  e
all'assenza di rimedi in capo all'imputato per  evitarla,  anche  nel
caso di ipotesi contravvenzionali ed in particolare in relazione alla
contestazione di cui all'art. 38, regio decreto n. 773/1931. 
    In punto di ammissibilita'  delle  questioni  proposte  sotto  il
profilo della non percorribilita' da parte di questo Giudice  di  una
interpretazione  differente,  osserva  il  Tribunale  che  la  natura
obbligatoria della confisca in esame e'  inequivocabilmente  indicata
dal  legislatore  (art.  240,  comma  secondo  del   codice   penale,
richiamato dalla norma censurata: «e' sempre ordinata la  confisca»).
Quanto all'obbligo di disporla anche in assenza di una  pronuncia  di
condanna  (e  piu'  specificamente  anche  nel   caso   di   sentenza
dichiarativa dell'estinzione del reato per oblazione), si  tratta  di
una conclusione  che,  sebbene  non  strettamente  imposta  dal  dato
testuale - atteso che la richiamata disposizione di cui all'art. 240,
secondo comma del codice penale  prevede  invero  una  pluralita'  di
ipotesi di confisca, una sola delle quali da disporre «anche  se  non
e' stata pronunciata condanna», ovvero  l'ipotesi  di  cui  al  comma
secondo  n.  2)  -  costituisce  «diritto   vivente»,   costantemente
ribadito, da decenni, dalla Corte di legittimita', la  quale  ha  sin
qui sempre censurato  anche  quelle  rare  aperture  registratesi  in
alcuni giudizi di merito. Tra le tante si veda: 
        Cass., Sez. 1, sentenza n. 54086 del 15  novembre  2017  Ud.,
dep. 30 novembre 2017, Rv. 272085; 
        Cass., Sez. 1, sentenza n. 33982 del 6 aprile 2016 Cc.,  dep.
2 agosto 2016, Rv. 267458; 
        Cass., Sez. 1, sentenza n. 49969 del 9 ottobre 2015 Ud., dep.
18 dicembre 2015, Rv. 265409; 
        Cass., Sez. 1, sentenza n. 1806 del 4 dicembre 2012 Cc., dep.
15 gennaio 2013, Rv. 254213; 
        Cass., Sez. 1, sentenza n. 11480 del  20  gennaio  2010  Ud.,
dep. 25 marzo 2010, Rv. 246532; 
        Cass., Sez. 1, sentenza n. 38951 del  1°  ottobre  2008  Cc.,
dep. 16 ottobre 2008, Rv. 241310; 
        Cass., Sez. 1, sentenza n. 1264 del  10  novembre  2006  Ud.,
dep. 18 gennaio 2007, Rv. 235854; 
        Cass., Sez. 1, sentenza n. 5228 del 28  settembre  1999  Cc.,
dep. 28 ottobre 1999, Rv. 214433; 
        Cass., Sez. 1, sentenza n. 5967 del 23 ottobre 1997 Cc., dep.
24 febbraio 1998, Rv. 209788; 
        Cass., Sez. 1, sentenza n. 413 del 29 ottobre 1997 Ud.,  dep.
14 gennaio 1998, Rv. 209434. 
    Non constano decisioni di segno contrario sul punto. 
3. Sulla rilevanza delle questioni. 
    Lo scrutinio di costituzionalita'  dell'art.  6  della  legge  n.
152/1975 si pone come condizione essenziale ai  fini  della  compiuta
definizione del procedimento pendente dinanzi a questo Giudice, posto
che, in caso di accertata legittimita' costituzionale della norma, il
Tribunale dovra' indefettibilmente disporre la confisca delle armi in
sequestro, mentre, nel caso di dichiarazione di illegittimita'  della
disposizione, a seconda dell'accoglimento della prima o della seconda
delle questioni che  si  andranno  a  proporre,  l'esito  sarebbe  la
restituzione  dei  beni  all'avente  diritto  o  una  valutazione  in
concreto in ordine alla sussistenza delle condizioni per procedere ad
una confisca facoltativa tenendo conto dei  rilievi  difensivi  sopra
riportati. 
    Si tratta dunque di  esiti  totalmente  divergenti  in  relazione
all'aspetto piu' qualificante della pronuncia,  attesa  la  rilevanza
economica dei beni in sequestro (otto tra fucili da caccia e carabine
di precisione da tiro sportivo, dal valore di  svariate  migliaia  di
euro), tanto piu' in rapporto alla modesta  entita'  del  trattamento
sanzionatorio   astratto   previsto   per   la   contravvenzione   in
contestazione (articoli 38 e 17, regio decreto n. 773/1931). 
4. Sulla ritenuta non manifesta infondatezza delle questioni. 
    4.1 Sull'obbligo di  disporre  la  confisca  anche  nel  caso  di
pronuncia di dichiarazione di estinzione del reato. 
    L'art. 6 della legge n. 152/1975, come pacificamente interpretato
dalla giurisprudenza di legittimita',  impone  dunque,  nel  caso  di
contestazione di un qualsiasi delitto o contravvenzione  «concernente
le armi», la confisca obbligatoria delle  stesse,  pur  nel  caso  di
dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta oblazione. 
    Il Tribunale ritiene che la norma sia in contrasto: 
        con l'art. 27, secondo comma Cost. e  11,  117,  primo  comma
della Costituzione,  in  relazione  all'art.  6  par.  2  della  CEDU
(Convenzione per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950,  ratificata
e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848) e  48  della  CDFUE
(Carta dei diritti fondamentali  dell'Unione  europea,  proclamata  a
Nizza il 7 dicembre 2000 e  adattata  a  Strasburgo  il  12  dicembre
2007), che sanciscono una presunzione di innocenza dell'imputato fino
all'accertamento della sua colpevolezza; 
        con gli articoli 42, secondo comma della Costituzione  e  11,
117, primo comma, Cost.,  in  relazione  all'art.  1  del  Protocollo
addizionale alla CEDU, firmato a Parigi il 20 maggio 1952, ratificato
e reso esecutivo con legge 4 agosto 1955, n. 848 e  17  della  CDFUE,
che tutelano e garantiscono la proprieta' privata. 
    Preliminarmente deve osservarsi che la natura «penale» o comunque
«sanzionatoria»  della  confisca  in  oggetto,   sulla   base   della
pluriennale elaborazione della giurisprudenza della Corte europea dei
diritti  dell'uomo  e  della  stessa  Corte  costituzionale,   appare
difficilmente contestabile: la confisca e' strettamente  legata  alla
commissione (almeno presunta) di un fatto  costituente  reato;  viene
disposta da un Giudice penale all'esito di  un  procedimento  penale;
non assolve ad alcuna funzione risarcitoria o  ripristinatoria  della
situazione antecedente al reato ma, al contrario, determina  sovente,
a causa dell'estrema ampiezza del suo campo applicativo,  l'ablazione
di  beni  acquisiti  in  modo  legittimo  dall'imputato,  da   questi
legittimamente detenuti (almeno  per  un  determinato  tempo)  e,  in
ipotesi,  ulteriormente  detenibili  regolarmente,   con   una   mera
comunicazione all'Autorita' di P.S. 
    Diversamente dalle ipotesi riconducibili alla previsione  di  cui
all'art. 240, comma secondo, n. 2) codice  penale  (le  cose  la  cui
fabbricazione,  uso,  porto,  detenzione  o  alienazione  costituisce
reato), la detenzione di un'arma (a meno che non si  tratti  di  arma
clandestina o da guerra),  e  a  determinate  condizioni  perfino  la
fabbricazione,  l'alienazione,  il  porto,  ecc.,  non  sono  affatto
vietate in  se',  ma  richiedono  solo  una  denuncia  di  detenzione
all'Autorita' di pubblica sicurezza (o un'autorizzazione). 
    Le stesse armi oggetto  del  reato  contestato,  del  resto,  per
giurisprudenza pacifica,  potrebbero  essere  restituite,  oltre  che
all'imputato nel caso di assoluzione,  anche  al  terzo  proprietario
estraneo al reato, il che conferma che la confisca non e' disposta in
relazione all'intrinseca criminosita' della res (come potrebbe essere
ad esempio in caso di stupefacenti o appunto  armi  clandestine),  ma
per la relazione che si pone  tra  essa  e  l'autore  del  reato;  in
un'ottica che privilegia l'aspetto sanzionatorio rispetto a quello di
prevenzione speciale, posto che lo stesso imputato potrebbe  comunque
continuare a detenere legittimamente armi diverse da  quelle  oggetto
del reato contestatogli. 
    Che alla confisca in parola possa essere riconosciuta  anche  una
funzione  «preventiva»  (in  modo  singolare  legata,   come   appena
osservato, non al possesso da parte dell'imputato di qualsiasi  arma,
ma solo di quelle oggetto del reato accertato)  non  appare  comunque
decisivo, posto che tutte le sanzioni penali assolvono anche  ad  una
funzione di tale tipo. 
    Sulla reale natura della confisca in esame,  in  ogni  caso,  non
appare necessario soffermarsi oltremodo, posto che il rispetto di uno
statuto minimo di garanzie di carattere sostanziale e processuale  si
estende   a   qualsiasi   misura    pregiudizievole    per    diritti
costituzionalmente tutelati, anche se di carattere amministrativo (si
vedano le considerazioni recentemente espresse con la sentenza  della
Corte costituzionale n. 22 del 2018). 
    Orbene,  nel  caso  in  esame,  l'effetto  ablativo  di  beni  di
proprieta' del singolo in conseguenza di una  pronuncia  dichiarativa
dell'estinzione del reato per oblazione  avviene  in  assenza  di  un
accertamento  in  ordine  alla   sussistenza   del   reato   e   alla
responsabilita'  dell'imputato,   se   non   nei   ristretti   limiti
«dell'evidenza» della prova di una causa di assoluzione nel merito ai
sensi dell'art. 129, comma secondo del codice di procedura penale 
    Con il procedimento di oblazione, come noto,  viene  prevista  la
definizione del giudizio prima di qualsiasi inizio  di  attivita'  di
formazione della prova. La richiesta di definire il processo mediante
oblazione  precede  la   stessa   dichiarazione   di   apertura   del
dibattimento ed il suo accoglimento da parte del Giudice,  anche  nei
casi  di   oblazione   facoltativa,   e'   limitata   alla   verifica
dell'insussistenza della recidiva, della dichiarazione di abitualita'
o professionalita' nel reato, di  conseguenze  dannose  o  pericolose
eliminabili o della gravita' del fatto che, tenuto conto  della  fase
in cui interviene la valutazione, e' ovviamente limitata, senza alcun
apporto fornito dalla difesa. 
    Ne' puo' ritenersi che  la  domanda  di  oblazione  contenga  una
implicita  ammissione  di  responsabilita'  dell'imputato  o  che  la
pronuncia dichiarativa dell'estinzione del  reato  sia  equiparabile,
sotto determinati effetti, ad una  condanna  penale,  al  pari  della
sentenza di applicazione pena o di altre pronunce. 
    L'istituto,  infatti,  e'  disciplinato  in   modo   da   rendere
estremamente conveniente il ricorso  ad  esso,  evitando  i  notevoli
costi economici ed emotivi di un procedimento penale, la  difficolta'
di poter efficacemente contrastare la prova di responsabilita'  della
pubblica accusa o di fornire la dimostrazione  della  sussistenza  di
una causa di giustificazione, l'obiettiva  alea  del  suo  esito.  Il
tutto mediante il semplice versamento di una somma di denaro (il piu'
delle volte modesto), senza che a cio' segua  alcun  effetto  penale,
civile o disciplinare, ne' annotazione sul certificato del casellario
giudiziale, in cio' differenziandosi profondamente dalla sentenza che
definisce il  procedimento  di  applicazione  pena,  legislativamente
equiparata ad una sentenza di condanna (art. 445, comma I-bis  codice
di procedura penale)  e  produttiva  di  effetti  penali  (oltre  che
disciplinari e limitati effetti civili, si veda l'art. 537-bis codice
di  procedura  penale),  come  pure  da  altre   pronunce   anch'esse
produttive di effetti e delle quali e' infatti prevista l'annotazione
nel casellario (messa alla prova o particolare tenuita' del fatto). 
    Particolarmente  illuminante   appare   allora   il   riferimento
all'elaborazione  giurisprudenziale  sovrannazionale  ed  interna  in
relazione ad altra ipotesi di confisca obbligatoria, quella  prevista
dall'art. 42, comma 2 decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
380/2001, disposta  con  sentenza  dichiarativa  dell'estinzione  del
reato per prescrizione. 
    La  Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo,  con  una  serie  di
fondamentali pronunce sul punto (Cedu 30 agosto  2007  e  20  gennaio
2009, ric. Sud Fondi S.r.l. contro Italia; Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  29
ottobre 2013, ric. Varvara e da ultimo  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  28
giugno 2018, ric.  Giem  s.r.l.  c.  Italia),  ha  statuito  che  gli
articoli 7 e  6  par.  2  della  Convenzione  Edu,  nonche'  1  Primo
protocollo addizionale ad essa, impongono che una pronuncia ablatoria
venga adottata con una sentenza di «condanna» o comunque a seguito di
un accertamento  garantito,  non  essendo  sufficiente  una  sentenza
dichiarativa   dell'estinzione   del   reato   (nella   specie    per
prescrizione), a meno che la stessa non sia stata preceduta,  secondo
l'ultimo  approdo  interpretativo  condiviso  anche  dalla  Corte  di
cassazione a Sezioni Unite (Cass., S.U. 30 gennaio  2020,  n.  13539,
imp. ... ), da  un  accertamento  equivalente  ad  una  pronuncia  di
condanna per la sua latitudine e  modalita'  di  formazione,  essendo
esteso alla sussistenza del fatto e alla responsabilita'  del  reo  e
formatosi   all'esito   di   un   giudizio    caratterizzato    dalla
partecipazione in contraddittorio delle parti. 
    Considerazioni non dissimili sono state espresse  dalle  medesime
Sezioni unite della Corte di cassazione in  relazione  alla  confisca
prevista dall'art. 722 codice penale in materia  di  gioco  d'azzardo
(Cass., Sezioni unite, 25 marzo 1993, n. 5, ... )  e  della  confisca
del prezzo del reato di cui all'art. 240, comma secondo, n. 1  codice
penale (Cass., Sezioni unite, 10 luglio 2008, n. 38834, imp. ...    ;
Cassazione, Sezioni unite, 26 giugno 2015, n. ...   imp. ...   ).   
    Non vi sono ragioni, ad avviso del Tribunale, per non estendere i
medesimi principi anche alla dichiarazione di  estinzione  del  reato
per oblazione e alla confisca in parola, tanto piu' che in  relazione
ad  essa  i  profili  «ripristinatori»  (comunque  ravvisabili  nella
confisca cd. urbanistica o in quella prevista per il prezzo o per  il
profitto del reato) sono del tutto assenti, mentre ancor piu' marcato
e' l'effetto sanzionatorio o al piu' special preventivo. 
    Sul piano degli effetti derivanti da  un'eventuale  dichiarazione
di illegittimita' dell'art. 6 della legge n. 152/1975 nella parte  in
cui impone di procedere alla confisca delle armi anche  nel  caso  di
declaratoria  di  estinzione  del  reato  per  oblazione,  deve  solo
osservarsi, per completezza, che l'impossibilita' per il  Giudice  di
procedere  alla   misura   ablatoria   riguarderebbe   solo   ipotesi
caratterizzate  da  un'offensivita'  estremamente  contenuta   (reati
contravvenzionali puniti con pena alternativa); che,  trattandosi  di
ipotesi  di  oblazione  facoltativa,  l'accesso  a  tale   forma   di
definizione del  processo  potrebbe  comunque  essere  rigettata  dal
Giudice laddove ravvisasse, in relazione alla personalita' del reo  o
sulla base del contenuto della  contestazione,  profili  di  maggiore
gravita' della condotta  e  che  in  ogni  caso  le  armi  potrebbero
ugualmente essere confiscate a seguito di  provvedimento  di  divieto
prefettizio di detenzione ai sensi dell'art.  39,  regio  decreto  n.
773/1931;  istituto  quest'ultimo  assistito  quanto  meno   da   una
possibilita'  da  parte  del  privato   di   arginare   gli   effetti
pregiudizievoli della confisca, come si evidenziera' in seguito. 
    4.2. Sul carattere obbligatorio della confisca prevista dall'art.
6, legge n. 152/1975. 
    La  seconda  questione  di  legittimita'  costituzionale  che  si
intende  porre,  sempre  in  relazione  alla  medesima   disposizione
normativa,  e  che  presuppone,  sul  piano   della   rilevanza,   il
riconoscimento del potere del Giudice di disporre la  confisca  delle
armi  anche  pronunciando  una  sentenza  di  oblazione,  attiene  al
carattere obbligatorio della stessa in relazione alla contravvenzione
oggetto del giudizio. 
    L'obbligatorieta' della confisca e l'assenza di qualsiasi rimedio
riconosciuto  all'imputato  per  poter  evitare  il  pregiudizio  del
proprio patrimonio, anche nel caso di  contravvenzioni  connotate  da
minima offensivita' come quella prevista dall'art. 38  regio  decreto
n. 778/1931, contrastano, ad avviso del Tribunale con gli articoli 3,
27, 42  della  Costituzione,  nonche'  11,  117,  primo  comma  della
Costituzione, in relazione agli artt. 1 Primo protocollo  addizionale
CEDU, 17 e 49 CDFUE, che, nel riconoscere e  tutelare  la  proprieta'
privata, impongono al legislatore di prevedere che  le  sanzioni,  di
carattere penale o anche solo amministrativo, che  incidono  su  beni
tutelati  dall'ordinamento  costituzionale  o   convenzionale   siano
ragionevoli,  individualizzanti  e  proporzionate  in  rapporto  alla
gravita' del fatto e alla personalita' del reo e che le stesse  siano
altresi' congrue  e  coerenti  rispetto  agli  scopi  perseguiti  dal
legislatore. 
    Si e' gia' osservato nel paragrafo precedente che la confisca  in
esame presenta  connotati  tipicamente  penalistici,  almeno  secondo
l'elaborazione sostanzialistica elaborata  dalla  Corte  europea  dei
diritti   dell'uomo   (la   misura   viene   comminata   in   seguito
all'accertamento di un reato, all'esito di  un  procedimento  penale,
non assolve ad una funzione ripristinatoria  ma  incide  su  beni  di
proprieta' dell'imputato, anche se ipoteticamente acquisiti  in  modo
legittimo  e  il  cui  possesso  e'  tendenzialmente  consentito   ai
privati). In ogni caso, se anche volesse escludersi la natura  penale
della misura per riconoscere ad essa una  natura  amministrativa,  se
addirittura  volesse  dubitarsi   della   sua   valenza   «punitiva»,
ugualmente non verrebbe meno la necessita' di verificare il  rispetto
di quei canoni di «personalizzazione», ragionevolezza  e  proporzione
ricavabili   dalle   richiamate   disposizioni    costituzionali    e
convenzionali ed estensibili perfino alle misure «non punitive», come
espressamente affermato  in  piu'  occasioni  da  parte  della  Corte
costituzionale (si vedano in particolare Corte costituzionale n.  112
del 2019; Corte costituzionale n. 22 del 2018), la quale, proprio  in
aderenza  a  quei   principi,   ha   piu'   volte   riconosciuto   la
illegittimita' costituzionale di automatismi lato sensu  sanzionatori
che non consentano al giudice  (o  all'autorita'  amministrativa)  di
valutare concretamente le  diverse  circostanze  del  caso  prima  di
applicare una misura afflittiva, tanto piu' laddove  una  determinata
previsione sia suscettibile di applicarsi ad una vasta ed  eterogenea
serie di condotte. 
    Oltre ai plurimi interventi della Corte suprema sulla materia del
bilanciamento   di   circostanze   eterogenee   o   sull'applicazione
obbligatoria  degli  effetti  della  recidiva,  meritano  di   essere
esemplificativamente ricordate le seguenti pronunce: 
        con la sentenza n. 22 del 2018 la suprema Corte ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 2,  del  decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella
parte in cui - con riguardo all'ipotesi di condanna per reati di  cui
agli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della  Repubblica  9
ottobre 1990, n. 309, che intervenga in data successiva a  quella  di
rilascio della patente di guida - dispone che il prefetto «provvede»,
invece che «puo' provvedere», alla revoca della patente; 
        con  la  sentenza  n.  222  del  2018  e'  stata   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  216,  ultimo  comma,  del
regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), nella parte
in cui dispone: «la condanna per uno dei fatti previsti dal  presente
articolo  importa  per  la  durata  di  dieci  anni  l'inabilitazione
all'esercizio di una  impresa  commerciale  e  l'incapacita'  per  la
stessa  durata  ad  esercitare  uffici  direttivi  presso   qualsiasi
impresa», anziche': «la condanna  per  uno  dei  fatti  previsti  dal
presente  articolo  importa  l'inabilitazione  all'esercizio  di  una
impresa commerciale e l'incapacita' ad  esercitare  uffici  direttivi
presso qualsiasi impresa fino a dieci anni»; 
        con  la  sentenza  n.  88  del  2019  e'   stata   dichiarata
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  222,  comma  2,   quarto
periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della strada), nella parte  in  cui  non  prevede  che,  in  caso  di
condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle  parti
per i reati di  cui  agli  articoli  589-bis  (Omicidio  stradale)  e
590-bis (Lesioni personali stradali gravi o  gravissime)  del  codice
penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla  revoca  della
patente di guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo  e
terzo  periodo  dello  stesso  comma  2  dell'art.  222  cod.  strada
allorche' non ricorra alcuna delle  circostanze  aggravanti  previste
dai rispettivi commi secondo e terzo degli articoli 589-bis e 590-bis
codice penale; 
        sotto una prospettiva diversa, ma pur sempre in  aderenza  al
principio di proporzione della sanzione, con la sentenza n.  112/2019
e'  stata  dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale   dell'art.
187-sexies  del  decreto  legislativo  n.  58  del  1998,  nel  testo
originariamente introdotto dall'art. 9, comma 2,  lettera  a),  della
legge 18 aprile 2005, n. 62, nella parte in cui prevede  la  confisca
obbligatoria, diretta o per equivalente, del prodotto dell'illecito e
dei beni utilizzati per commetterlo, e non del solo profitto. 
    Orbene, in relazione alla disposizione di cui  all'art.  6  della
legge n. 152/1975, deve rilevarsi che la previsione di  una  confisca
obbligatoria in relazione a tutti i  reati  concernenti  le  armi  e'
suscettibile di applicarsi ad ipotesi profondamente diverse tra  loro
e caratterizzate da un disvalore oggettivamente non comparabile:  dai
delitti di fabbricazione, introduzione nello Stato, vendita  di  armi
da guerra, porto in luogo pubblico o detenzione di armi  illegalmente
detenute o addirittura clandestine  alle  ben  piu'  modeste  ipotesi
contravvenzionali,  tra  cui   in   particolare   quella   contestata
all'odierno imputato, di  aver  omesso  (o  semplicemente  ritardato,
secondo quanto dedotto nell'istanza di  restituzione)  di  comunicare
all'Autorita'  di  p.s.  il  trasferimento,  dal  vecchio  al   nuovo
domicilio,  delle  armi  dallo  stesso   legalmente   denunciate   in
precedenza  e  delle  quali,  dunque,  la  pubblica  autorita'   gia'
conosceva tipologia, caratteristiche, numero e soggetto  responsabile
della detenzione. 
    Naturalmente ben puo' il legislatore, nella sua discrezionalita',
prevedere che anche una condotta di tale tipo costituisca reato  (per
l'interesse a conoscere con immediatezza  anche  l'esatta  ubicazione
delle armi,  senza  interpellare  il  possessore),  cio'  che  invece
suscita perplessita' e' che, rispetto al modesto grado  di  disvalore
che lo stesso legislatore riconduce a  tale  ipotesi  (prevedendo  la
sanzione alternativa dell'arresto fino a 3 mesi o della multa fino  a
206 euro),  sia  sempre  giustificata  l'ablazione  di  beni  la  cui
detenzione potrebbe essere regolarizzata con una  mera  comunicazione
da parte del privato. 
    Se rispetto alla generalita' dei delitti la confisca delle armi o
delle munizioni ha una sua giustificazione e ragionevolezza ed appare
perfettamente coerente rispetto agli scopi di tutela della  sicurezza
pubblica (particolarmente avvertiti nel periodo di introduzione della
norma), anche tenuto conto dell'omogeneita' delle condotte sanzionate
e del coefficiente psicologico richiesto per la loro integrazione, la
sua  previsione  come   obbligatoria   anche   rispetto   all'ipotesi
disciplinata  dall'art.  38,  regio  decreto  n.  773/1931  determina
un'estensione  poco  ragionevole  del  suo  campo  di   applicazione,
parificando situazioni  obiettivamente  differenti,  senza  che  tale
diversita' possa essere colta e valorizzata sul piano della  condotta
accertata, della personalita' del reo, della concreta previsione  sul
suo futuro comportamento. 
    La compressione del diritto di  proprieta'  non  solo  non  viene
legata ad alcuna valutazione concreta sulla tipologia ed offensivita'
del reato, sulla insidiosita' intrinseca del  mezzo,  sulla  concreta
pericolosita' o anche solo reale inaffidabilita' del soggetto, ma  la
sua  stessa  entita'  viene  in  sostanza  fatta  dipendere  da   una
circostanza del tutto fortuita, ovvero il maggiore  o  minore  valore
intrinseco della res. 
    Nel caso  sottoposto  alla  valutazione  di  questo  Giudice,  ad
esempio,  a  fronte  di  una  contravvenzione  estinguibile  con   il
versamento di poco piu' di 100 euro, la  confisca  determinerebbe  un
pregiudizio di svariate migliaia di euro (il  valore  del  bene,  tra
l'altro, non e' neanche  necessariamente  legato  al  numero  o  alle
caratteristiche  tecniche  dell'arma,  perche'  un  rilevante  valore
economico, storico, artistico e non ultimo affettivo potrebbe  venire
in rilievo anche in relazione ad armi dalla pericolosita'  intrinseca
molto contenuta, con ad esempio nel caso di  armi  bianche  antiche),
nei confronti di un soggetto che, non  solo  potrebbe  legittimamente
acquistarne altre, ma continua ad essere titolare di porto  d'armi  e
che dunque deve ritenersi offra sufficienti garanzie di affidabilita'
sul piano della sicurezza pubblica. 
    Non  solo,  all'imputato  e'   anche   del   tutto   inibita   la
possibilita', oltre che di dimostrare che una  eventuale  presunzione
di «inaffidabilita'» non e' giustificata nel caso concreto, anche  di
arginare il  pregiudizio,  quanto  meno  economico,  derivante  dalla
confisca, cedendo i beni ad un terzo, diversamente da  quanto  invece
previsto  sul  piano  amministrativo  (art.  39,  regio  decreto   n.
773/1931). 
    In conclusione, il riferimento  alla  funzione  preventiva  della
confisca obbligatoria in oggetto,  nel  caso  di  contravvenzioni  di
modesta offensivita'  come  quella  in  esame,  non  puo'  mascherare
svariati profili di irragionevolezza della disciplina normativa: 
        a) la confisca delle  armi,  rispetto  alle  quali  e'  stato
accertato  un  illecito,  non  impedisce  affatto   all'imputato   di
continuare a detenere in modo pienamente  legittimo  altre  armi,  le
quali,  anche  in  caso  di  sequestro,  andrebbero   necessariamente
restituite (come pacificamente ritenuto dalla Corte di legittimita'),
il  che  induce  appunto  a  ritenere  che  rispetto  alle  finalita'
preventive siano prevalenti quelle sanzionatorie, le  quali  tuttavia
dovrebbero poter essere parametrate  rispetto  alle  circostanze  del
caso; 
        b) tale presunzione «assoluta» di  inaffidabilita'  (limitata
solo alle specifiche armi sottoposte  a  confisca  e  non  ad  altre)
conseguirebbe ad  una  violazione  puramente  formale  e  di  modesta
offensivita', come quella di cui al reato di cui all'art.  38,  regio
decreto n. 773/1931, mentre per converso  l'ordinamento  prevederebbe
una confisca facoltativa per le ipotesi, molto  piu'  allarmanti,  di
reati commessi «avvalendosi delle armi» (per tutte  si  veda  ad  es.
Cassazione, Sez. 5, Sentenza n. 28591 del 28 marzo 2018 Cc., dep.  20
giugno 2018, rv. 273471, in materia di minaccia commessa con l'uso di
un'arma); 
        c) diversamente dall'ipotesi di  accertata  «inaffidabilita'»
in concreto (come nel caso di valutazione espressa  dal  Prefetto  in
ordine alla possibilita' di un soggetto di «abusare» delle  armi,  ai
sensi dell'art. 39, regio decreto n. 773/1931), non  vi  sarebbe  nel
caso in esame alcuna possibilita' per il privato  ne'  di  dimostrare
che in concreto tale inaffidabilita' non sussiste, ne' di  fruire  di
un termine entro il quale cedere le armi ad un terzo,  diversita'  di
disciplina non giustificabile in rapporto alla  funzione  preventiva,
essendo  riconosciuta  tale  possibilita'  ad  un  soggetto  valutato
pericoloso in concreto e non invece nel caso di presunzione teorica. 
    Le considerazioni espresse inducono a dubitare della legittimita'
della norma censurata.